La sepsi è un’emergenza medica. Bisogna trattarlo come tale. In altre parole, la sepsi dovrebbe essere trattata nel modo più rapido ed efficace possibile non appena viene identificata. Il trattamento prevede la somministrazione rapida di antibiotici e liquidi. Il rischio di morte per sepsi aumenta in media fino al 7,6% per ogni ora che passa prima dell'inizio del trattamento. (Medicina di terapia intensiva).
I pazienti con sepsi grave o shock settico trattati in un'unità di terapia intensiva (ICU) possono sperimentare problemi legati alla malattia e ai farmaci, alla mancanza di sonno e all'eccessiva stimolazione dovuta alla presenza di persone e rumore intorno a loro 24 ore al giorno. Ciò può provocare agitazione, confusione e persino allucinazioni.
Una gravidanza è definita ad alto rischio quando la salute della madre o del bambino è minacciata da complicazioni che richiedono cure speciali. Le cause possono includere condizioni mediche preesistenti come patologie del sangue, ipertensione o diabete, oltre a fattori ambientali come fumo o alcolismo materno. Queste complicazioni possono persistere durante la gestazione e richiedono monitoraggio costante per garantire il benessere di entrambi. Il trattamento prenatale per gravidanze ad alto rischio spesso implica visite più frequenti e l'assistenza di specialisti per gestire rischi potenziali durante il travaglio, che talvolta può richiedere il parto cesareo per tutelare la salute della madre e del bambino.
Quando il cordone cade nella cervice uterina prima che esca il bambino si parla di prolasso del cordone ombelicale. Questa condizione, fortunatamente poco frequente, è una emergenza sanitaria perché il bambino, scendendo nel canale, potrebbe comprimere il cordone interrompendo l'apporto di sangue e ossigeno. In caso di prolasso si osserva una significativa morbilità e mortalità perinatale (fino al 50% dei casi), generalmente a causa di asfissia alla nascita. La gestione del parto con prolasso del cordone prevede l’amnioinfusione e il parto cesareo nei casi più complessi.
Durante la gravidanza il bambino riceve ossigeno tramite la placenta materna; una volta nato, la respirazione diventa autonoma grazie all’apertura dei vasi sanguigni polmonari che portano sangue e ossigeno al bambino. Se ciò non avviene si parla di ipertensione polmonare persistente, condizione abbastanza rara ma molto grave che impedisce al neonato di respirare causando ipossia e lesioni cerebrali. Esistono vari fattori di rischio che possono aumentare la probabilità di ipertensione polmonare persistente nel neonato: madri con età superiore ai 40 anni, nascita prematura, madri fumatrici, diabetiche, ipertese e altro. Una volta elaborata la diagnosi, mediante ecocardiogramma ed esame fisico, l’intervento deve essere immediato e consiste in una combinazione di ossigenoterapia, ventilazione polmonare, somministrazione di antibiotici e surfactante e altro.