Batteri resistenti agli antibiotici e morte per sepsi

I ricercatori dell'Unione Europea, coordinati dal professor Mihai G. Netea e dal professor Evangelos Giamarellos-Bourboulis, stanno sviluppando nuovi trattamenti immunoterapici per combattere la sepsi, che causa milioni di decessi ogni anno.

Il progetto ImmunoSep mira a modulare la risposta immunitaria dei pazienti per renderla più efficace contro le infezioni. La resistenza agli antibiotici rappresenta una sfida significativa, ma nuove tecnologie come la piattaforma RAPID-SEP-AST promettono di migliorare l'identificazione rapida del trattamento ottimale. L'obiettivo è ridurre la mortalità migliorando la diagnosi e le opzioni terapeutiche disponibili.

Incremento della mortalità rispetto al passato

I ricercatori dell'Unione Europa stanno sviluppando nuovi farmaci per contrastare le infezioni del flusso sanguigno che ogni anno uccidono milioni di persone in tutto il mondo.

Il professor Evangelos Giamarellos-Bourboulis dell'ospedale universitario Attikon di Atene ha trascorso gli ultimi 18 anni ricercando nuovi trattamenti contro la sepsi, una complicazione medica che uccide 11 milioni di persone all'anno nel mondo, un morto di sepsi ogni 2,8 secondi, un quinto di tutti i decessi globali.

La sepsi è causata da una eccessiva risposta del sistema immunitario nel contrastare un'infezione, generalmente batterica. Questa condizione origina da una infezione locale per poi diffondersi in tutto il corpo; è per questo che in assenza di una diagnosi rapida e di un opportuno trattamento, la sepsi può rapidamente portare a danni ai tessuti, insufficienza d'organo e morte.

La ricerca del professor Giamarellos-Bourboulis è finalizzata all’identificazione del meccanismo molecolare capace di attenuare l’eccessiva risposta immunitaria rendendola più efficace e specifica contro il patogeno all’origine dell’infezione. Questo approccio, chiamato immunoterapia, potrà bloccare la diffusione dell’infezione ripristinando la corretta funzione del sistema immunitario del paziente.

Il progetto europeo a cui lavora il professor Giamarellos-Bourboulis si chiama ImmunoSep e prevede la somministrazione di immunoterapici su pazienti. Il progetto, della durata di 4 anni, è coordinato dal professor Mihai G. Netea della Radboud University Nijmegen nei Paesi Bassi e coinvolge anche esperti provenienti da Francia, Germania, Italia, Romania e Svizzera.

Lo studio è condotto in doppio cieco, il che significa che i partecipanti non sanno quale trattamento viene loro somministrato e i ricercatori non conoscono i risultati della sperimentazione fino alla sua conclusione.

Trovare una terapia efficace contro la sepsi è una emergenza globale: mentre il COVID-19 in quattro anni ha ucciso circa 7 milioni di persone, nello stesso arco temporale sono morte di sepsi 40 milioni di persone. Secondo il professor Giamarellos-Bourboulis, quindi, la vera pandemia da affrontare è la sepsi.

La risposta immunitaria

A oggi gli antibiotici, insieme alla diagnosi precoce, sono le uniche strategie terapeutiche efficaci per il trattamento della sepsi; è estremamente necessario, quindi, avere maggiori opzioni per ridurre i decessi.

La sepsi è causata da alterazioni del sistema immunitario del paziente, che variano da caso a caso.

Le risposte immunitarie sono generalmente di due tipi: una risposta iperattiva, in cui il sistema immunitario va in over attivazione causando molti danni, o una risposta immunoparalitica, in cui il sistema viene inibito e smette di funzionare.

Dal 2006 a oggi Giamarellos-Bourboulis e i suoi colleghi hanno condotto numerosi studi in Grecia e nei Paesi Bassi, coinvolgendo pazienti affetti da sepsi e volontari sani ed elaborando un test capace di distinguere tra una risposta iperimmune e un'immunoparalisi, identificando anche possibili trattamenti per ripristinare la funzione immunitaria in entrambi i casi.

Lo studio ImmunoSep mira a sottoporre questi test e gli opportuni trattamenti a 280 pazienti affetti da sepsi; i risultati finali saranno disponibili entro la primavera del 2024. I farmaci testati nella sperimentazione ImmunoSep sono già in uso per altre patologie: l’interferone gamma umano ricombinante, già utilizzato per curare alcune rare malattie del sistema immunitario, può ripristinare il corretto funzionamento della risposta immunitaria nei pazienti affetti da immunoparalisi.

Se i trattamenti si dimostreranno efficaci, Giamarellos-Bourboulis richiederà all'Agenzia Europea per i Medicinali l'autorizzazione per il loro utilizzo sui pazienti affetti da sepsi; in caso di insuccesso, continuerà comunque a mettere a frutto le conoscenze acquisite grazie alla sperimentazione analizzando i dati ottenuti per capirne il motivo e apportare le opportune e necessarie modifiche.

Resistenza agli antibiotici

Un ostacolo significativo al trattamento della sepsi è l’immunoresistenza causata da batteri resistenti ai trattamenti antibiotici disponibili.

La preoccupazione principale dei ricercatori è che l'immunoterapia possa non funzionare nei pazienti con infezioni causate da batteri resistenti; in tal caso, se non si trova il modo per rendere nuovamente i patogeni sensibili ai trattamenti o se non vengono identificati nuovi antibiotici, il numero di decessi per sepsi crescerà a dismisura. Il 50% dei casi di sepsi, infatti, sono causati da batteri resistenti.

Nel 2019, l'Organizzazione Mondiale della Sanità ha inserito la resistenza agli antibiotici tra le dieci principali minacce per la salute pubblica, che nella sola Unione Europea è responsabile di oltre 35.000 decessi all'anno.

Per far fronte a questo problema sanitario, nel 2021 l'Unione Europea ha finanziato la creazione di una rete di ricerca clinica per le malattie infettive chiamata Ecraid, la prima rete del suo genere in Europa.

Ampliare le opzioni

Secondo l'Organizzazione Mondiale della Sanità, attualmente sono in fase di sviluppo circa 70 nuovi potenziali trattamenti antibatterici, la maggior parte dei quali agisce in modo simile agli attuali antibiotici. In media, la resistenza antimicrobica viene segnalata nei nuovi farmaci antibatterici due o tre anni dopo che questi diventano disponibili sul mercato. L’utilizzo di antibiotici molto potenti e ad ampio spettro per trattare infezioni di cui non si conoscono i patogeni, contribuisce all’antibiotico resistenza. Uno dei problemi clinici correlato all’antibiotico resistenza è il fatto che l’individuazione del batterio responsabile di una infezione richiede spesso tempi troppo lunghi.

Per velocizzare l’identificazione del patogeno in caso di infezione, l'azienda svizzera Resistell ha ricevuto finanziamenti europei per sviluppare una piattaforma di test rapidi, la RAPID-SEP-AST, che permette di individuare in tempi brevi il trattamento giusto per i pazienti. Gli attuali test impiegano mediamente due giorni per identificare il miglior antibiotico da utilizzare per uno specifico paziente e, in attesa del risultato, i medici solitamente iniziano il trattamento somministrando antibatterici ad ampio spettro. L'obiettivo del RAPID-SEP-AST è quello di consentire l’identificazione dell’antibiotico più specifico nell’arco di circa due ore.

Ciò che rende più efficiente questo nuovo test è il modo in cui misura l'efficacia di diversi antibiotici. Fino ad oggi, la sensibilità agli antibiotici è stata testata coltivando i batteri su una capsula di Petri o utilizzando sistemi automatizzati che espongono i batteri a diversi antibiotici e osservano quale inibisce meglio la loro crescita. Il nuovo strumento diagnostico sviluppato da Resistell, invece, rivoluziona questo approccio, eliminando i tempi di attesa legati alla crescita del patogeno poiché misura direttamente le vibrazioni del patogeno fornendo risultati più rapidi ed efficienti.

Quando esposti ad antibiotici efficaci, infatti, i batteri vengono uccisi e le loro vibrazioni diminuiscono. Il test, utilizzando algoritmi sviluppati con l'apprendimento automatico, misura le vibrazioni batteriche e indica quali antibiotici funzionano e quali no.

La Resistell sta ora cercando di rendere questa tecnologia ancora più automatizzata e applicabile, oltre alla sepsi, anche alla tubercolosi e alle infezioni del tratto urinario.

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