La perdita di riserva cognitiva rende non solo più suscettibili a malattie come l’Alzheimer o la demenza, ma ne provoca l'insorgere in una età molto più precoce. Pertanto deve essere sempre presa in considerazione nei casi in cui si verificano lesioni cerebrali oggettive.
Il termine “riserva cognitiva” indica una nozione di senso comune: più il cervello risulterà danneggiato in un incidente o più invecchierà, più ne saranno visibili i danni. Il concetto di riserva cognitiva si basa sul principio secondo cui una volta che la capacità di riserva del cervello di un individuo, la resilienza, si esaurisce oltre una certa soglia, emergeranno deficit funzionali e altre conseguenze cliniche. Pertanto, ogni soggetto a cui sia occorsa una lesione traumatica al cervello avrà una certa possibilità di mostrare prima o poi segni di demenza, invecchiamento cerebrale, future lesioni e altri problemi al cervello. In seguito ad un incidente, la “barriera” che protegge da prospettive tragiche come queste si abbassa e l’individuo perde parte della propria riserva cognitiva. Dato che la demenza ci porta via anche gran parte dei nostri ricordi, questa riserva può essere identificata anche come la barriera che ci difende dalla perdita di noi stessi. Quando si parla di riserva cognitiva, generalmente, si attuano due differenziazioni: la riserva cognitiva passiva e quella attiva.
LA RISERVA COGNITIVA PASSIVA
La riserva cognitiva passiva è conosciuta anche come “brain reserve” ed è semplicemente una stima della quantità di tessuto neuronale e altri tessuti cerebrali, che una persona possiede dopo aver subito un incidente o dopo aver riscontrato una lesione. Una modesta circonferenza craniale (ossia, una taglia del cervello più larga) è associata ad una miglior resilienza contro le disabilità cognitive (Perneczky R. et al. 2010; Kesler SR. et al. 2003). In un recente studio condotto su pazienti malati d’Alzheimer, la circonferenza della testa era stata associata ad una ridotta sintomatologia clinica nonostante l’alto tasso di atrofia cerebrale (Perneczky R. er al. 2010).
RISERVA COGNITIVA ATTIVA
Tutti siamo nati dotati di riserva cognitiva e ognuno di noi sviluppa una certa quantità di tessuto cerebrale, ma la vita che conduce un individuo sia prima che dopo aver subito una lesione può andare ad influenzare, positivamente o negativamente, la funzionalità della riserva cognitiva nei confronti della suddetta lesione, quindi anche processi come la guarigione della stessa ed il recupero dei livelli cognitivi lungo il corso della vita. Per esempio, le persone con un quoziente intellettivo più alto, con un livello d’istruzione maggiore, che hanno raggiunto traguardi occupazionali importanti e che sono più attivi fisicamente e socialmente, sperimentano dei cambiamenti cognitivi e delle conseguenze cliniche meno gravi in presenza di Alzheimer, demenza o altre lesioni cerebrali (Tucker AM and Stern Y. Yaakov Stern). È importante ricordare che la riserva cognitiva attiva non solo aiuta a proteggere dallo sviluppo di eventuali malattie, ma mitiga ed influenza il risultato a lungo termine della malattia stessa e più in generale della vita di un individuo.
Sfortunatamente, come vedremo, i traumi cerebrali colpiscono negativamente quasi tutti i fattori che riguardano la riserva cognitiva attiva. Quest’ultima è sempre inferiore di fronte ad una lesione permanente al cervello.
La riserva cognitiva è una delle spiegazioni per cui vediamo una così ampia varietà di risposte a lesioni oggettive al cervello. Un paziente potrebbe avere una piccola lesione e non essere in grado di continuare a svolgere il proprio lavoro, mentre un altro con anomalie cerebrali più numerose confermate da risonanze magnetiche, potrebbe riportare sintomi molto meno discriminanti. L’associazione tra le lesioni cerebrali ed i sintomi cognitivi non è sempre lineare e la riserva cognitiva ci aiuta a capire il perché.